La strumentazione musicale dei Celti nell’Età del Ferro [Parte VI: conclusioni e bibliografia]

Conclusioni:

Questi sono, per l’ambito celtico dell’età del ferro, gli strumenti musicali che le fonti letterarie, iconografiche e archeologiche ci forniscono.
Nella mia trattazione ho volutamente escluso l’ambito irlandese in quanto esso rappresenta una realtà molto particolare ed a sé stante all’interno della koinè celtica, ma questo non significa che non vi siano ritrovamenti di strumenti musicali, soprattutto corni.
Principalmente, per questo testo, mi sono avvalso dell’ausilio dell’articolo La musica celtica di J. V. S. Megaw, contenuto nel catalogo I Celti della mostra di Palazzo Grassi (1991). Questo perché, per l’epoca, rappresentava una summa dei reperti e delle iconografie del mondo musicale celtico. Dico per l’epoca perché quell’articolo è, ovviamente, datato: se le fonti iconografiche e letterarie sono bene o male le stesse, da allora moltissimi sono stati gli scavi che hanno portato alla luce nuovi reperti, anche legati al mondo della musica.


Se, inizialmente, il motivo che mi ha spinto a scrivere questo testo era quello di parlare della statua con bardo di Paule, al fine di spronare alla ricerca anche musicale la ricostruzione storica (celtica ed antica) italiana, con l’ampliarsi del lavoro, mi sono reso conto dell’importanza per le ricadute che può avere lo studio della musica nella storia antica. La musica è parte integrante della cultura che la suona, ed uno strumento è portatore di informazioni: in che contesto veniva usato, perché quello strumento in particolare, chi erano i suonatori. Ma anche, uno strumento musicale, ci parla delle influenze che una cultura ha avuto nel suo sviluppo, oppure ci permette di proporre analogie e parallelismi (l’aulos etrusco deriva dal greco? O viceversa? Oppure si sviluppano in maniera indipendente? Per fare un esempio di possibili domande).

Io non sono né uno storico né un archeologo né tantomeno un musicologo, ma solamente un appassionato di storia antica, un ‘hobbysta’ per così dire; ma mi permetto comunque di tirare le somme a quanto scritto. Se qualcuno fosse in cerca di risposte certe sulla musica degli antichi Celti non si aspetti nulla, semplicemente scriverò qualcosa di simile dai Pensées di Pascal:

– se la cultura di Hallstatt e l’arte delle situle ci forniscono per il VI e V secolo rappresentazioni di suonatori in contesti di simposio e rituali, queste però sono delimitate ad un’area geografica ben definita, cioè quella della Mitteleuropa e dell’Italia nord-orientale; sarebbe però un errore credere che nel resto dell’Europa celtica non si suonasse musica. È un fatto che, nonostante in innumerevoli luoghi (tombe o depositi), si siano preservati oggetti in materiale deperibile (legno, cuoio, osso), questi manufatti non siano che una goccia rispetto alla totalità degli oggetti in tali materiali che non sono arrivati fino a noi: dalle prove iconografiche viene che la maggior parte della strumentazione fosse in legno o osso, materiale organico che nel tempo (se non conservato in luogo anaerobici) si deteriora. Pertanto è possibile e niente affatto contraddittorio credere che la cultura celtica del VI e V aC (ed anche prima), anche al di fuori della cultura propriamente di Hallstatt suonasse strumenti;

– i ritrovamenti di carnyx riguardano principalmente oggetti volutamente deposti, ‘sacrificati’ in pozzetti votivi o depositi: è, per esempio, il caso del carnyx di Deskford, volutamente mutilato, o quello del deposito di carnyx ed altri oggetti bronzei a Tintignac. Sono, cioè, oggetti volutamente abbandonati per via del loro valore intrinseco (il metallo in primis) e simbolico. Diversamente da flauti o lire (costruiti in legno o osso), il metallo permette una maggior durata. Questo è un dato scontato. Ma da questo mi permetto di sottolineare che se, come visto, durante il periodo La Téne questi oggetti sono i protagonisti principali dell’archeologia (è indubbio che sono gli oggetti musicali più famosi e, all’ottobre 2009, numericamente consistenti) e nelle fonti iconografiche, lo dobbiamo proprio al loro essere oggetti in metallo e deposti volutamente. Difficilmente una siringa o un aulos (già in partenza svantaggiati per il loro materiale) potevano essere deposti in santuari o luoghi cultuali; aggiungo che non si conoscono tombe ad inumazione laténiane con deposti strumenti musicali (per esempio una lira), ma si conosce una tomba (Castiglione delle Stiviere) con una tromba da guerra, che è sempre uno strumento musicale ma di una particolare natura. E la tomba principesca tardohallstattiana sul fiume Grafenbuhl (Hohenasperg, Germania) col suo sonaglio cerminoniale etrusco in ferro e placchette di bronzo non ci viene in aiuto;

– confrontando il lutuo etrusco e il carnyx gallico ci si rende conto che i due strumenti non sono poi molto dissimili;

– come nell’arte delle situle, sulle ceramiche ungheresi sono attestati suonatori di strumenti a fiato (siringhe, auloii) così, s’è visto, anche durante il La Téne sono attestati archeologicamente questi strumenti. Che si trovano in tutto il Mediterraneo, per non dire in tutto il mondo antico, dall’Inghilterra alla Spagna, Grecia, Siria ecc. Strumenti che, seppure nel relativamente bassissimo numero dei ritrovamenti, hanno sempre accompagnato la cultura celtica;

– seppure diversi autori parlano dell’importanza della figura del bardo, nelle fonti iconografiche (sia classiche che celtiche) non c’è quasi presenza di questa figura. Questo viene contraddetto solamente dalla statua con lira di Paule e, se possiamo definirli tali, dai suonatori dell’arte delle situle (sempre seduti);

– se ci fermiamo all’iconografia classica (altare di Pergamo, serie statuaria della Galatomachia: Galata morente) i soli strumenti musicali celtici sono le trombe da guerra; questo però ha per noi un grande valore: i greci, in questo caso, avevano colto il valore guerriero del celta. Quando nel Galata morente inseriscono la nudità, la tromba (in questo caso una buccina, che per loro era comunque barbara) e la spada (non certamente gallica) esprimono qualcosa che è profondamente legato al combattente celtico. Qui la nudità io non la vedo tanto legata al combattere nudi dei Gesati, quanto ad una incredibile prestanza fisica ed ad una profonda convinzione di sé dei Celti in battaglia;

– sicuramente i Galli vennero influenzati da Romani, Etruschi e Greci (ed i Celti pannonici e balcanici anche da Sciti e Traci?) anche dal punto di vista musicale: ma come? ci furono veri e propri scambi di strumenti come ci furono scambi di tecniche belliche e scientifiche? I flauti di Pan in un solo blocco (come quello di Alesia) sono degli alieni nel mondo laténiano vero e proprio, importati da Roma? Certo è che i pochi ritrovamenti  in ambito gallico sono databili alla metà del I aC. Ma la mancanza ad oggi di tali strumenti in epoca anteriore non ci permette una definizione precisa. Se non che tale modello di flauto compare nella statuaria alessandrina legata a Bacco e Sileno;

– molto della strumentazione classica ci viene non da reperti archeologici, ma da fonti letterarie e soprattutto da quelle iconografiche (pitture, mosaici); sfortunatamente per il mondo celtico, che non scrive se non in determinati casi e che non affresca le proprie dimore, questo non è possibile;

– quelle che oggi definiamo ‘arpe celtiche’ non appartengono evidentemente alla strumentazione in dotazione dei suonatori dell’età del ferro: esse infatti sembrano comparire solo dal IV secolo DOPO Christo.

Ecco, ad ora queste sono le conclusioni e le domande irrisolte che mi saltano alla mente dopo avere scritto questo testo. Sicuramente non sono esaustive, come non è esaustivo il testo in sé: non è propriamente una summa dei reperti archeologici né iconografici né delle fonti letterarie legati alla musica della cultura celtica; né tantomeno lo è per l’ambito più allargato della musica antica. Permette però di avere una aggiornata panoramica di quello che è ‘lo stato dell’arte’ ad oggi. Molto probabilmente non passerà una nottata che altre domande si affolleranno.

Il mio testo è principalmente rivolto a coloro che si interessano di ricostruzione storica e cercano informazioni ed immagini di reperti musicali al fine di una sempre più corretta ed approfondita ricerca storica, volta alla riproposizione adeguata della vita celtica dell’età del ferro.

Bibliografia:

– La musica celtica di J.V.S. Megaw, in I celti, catalogo della mostra di Palazzo Grassi (1991);
– Guerrieri principi ed eroi fra Danubio e il Po dalla Preistoria all’Alto Medioevo, catalogo della mostra al Cstello del Buonconsiglio di Trento, 2004;
– Situlen Bilderwelten zwischen Etruskern und Kelten auf antikem Weingeschirr, 2009 (è la pubblicazione n. 8 dell’archeoparco di Belginum e n.2 di quello di Manching) per la parte dedicata all’arte delle situle;
– La tomba gallica di Castiglione delle Stiviere (Mantova) di R. De Marinis, contenuto in Notizie archeologiche bergomensi, vol. 5, 1997;
– Il guerriero, l’oplita, il legionario di G. Brizzi, 2002, per alcune inforrmazioni sui guerrieri celtiberi e per la citazione di Appiano;
– Les religiones gauloises (V-I siècles av. J.-C.) di J.-L. Brunaux, 2000 per alcune informazioni in merito ai bardi;
– I druidi di F. Le Roux e C.J. Guyonvarc’h, 2000 per le notizie sulle citazioni del termine bardo;
– El vaso de los guerreros de El Cigarralejo (Mula, Murcia) di José María Blázquez,  in Studia E. Cuadrado, AnMurcia, 16- 17, 200 1-2002, págs. 171 – 176 per le informazioni in merito al vaso con suonatori da El Cigarralejo;
– Apròximacion a la danza en la antiguedad hispana. Manos entrelazadas di Raquel Castelo Ruano, in Espacio, Tiempo y Forma, Serie II, H.” Antigua, t. 3, 1990, págs. 19-42 per le informazioni in merito al vaso di San Miguel de Liria.

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