1 – Dalla lingua ai popoli
2 – Il problema delle origini
3 – Ipotesi sulle origini
4 – Il quadro complessivo alla luce dei dati etnici e linguistici
5 – Aspetti culturali non linguistici e relative comparazioni linguistiche
6 – Classificazione delle lingue Indoeuropee
7 – Cronologia
8 – Riferimenti

2 – Il problema delle origini
Il passo successivo porta a chiedersi quale possa essere stata la sede originaria delle popolazioni che vanno sotto il comune denominativo di “Indoeuropee”. La scelta dell’ipotetica collocazione del luogo d’origine è condizionata in primo luogo dall’immagine generale che ci perviene di quel popolo. Se occorra ricercarne la patria in Asia o in Europa è una questione molto discussa. Tuttavia si è dell’idea che i territori degli attuali stati di India e Iran vadano esclusi in quanto l’immigrazione di popolazioni parlanti lingue indoeuropee in questi paesi pare essere avvenuta solo in epoca storicamente riconoscibile e, nonostante variazioni di entità non fondamentale, attualmente l’opinione che la zona originaria sia da ricercarsi all’interno del continente Europeo è quella che ottiene maggior credito. Ciononostante, alcuni come John Schmidt sostennero in passato l’ipotesi dell’origine asiatica, richiamandosi a certi aspetti della cultura indoeuropea che si spiegherebbero con precoci influssi della civiltà babilonese su questa stessa cultura.
In tal senso, si è fatto riferimento in particolare all’argomento per cui il sistema decimale caratteristico degli Indoeuropei sia contemporaneamente utilizzato presso Greci, Italici, Germani e Celti accanto ad un sistema sessagesimale [1].
Tuttavia, alla luce di ogni considerazione, non appare così strana la convivenza di un sistema decimale accanto ad uno sessadecimale. Nella vita quotidiana e per la maggior parte delle attività il primo metodo, quello decimale il quale è anche più antico e naturale, basta e avanza. Il secondo, a base sessadecimale, che rappresenta un’invenzione decisamente posteriore, è finalizzato alla gestione amministrativa e utilizzato da specifiche categorie di persone altamente specializzate come i contabili e gli scribi e nei casi particolari in cui, si trovano applicazioni di questo sistema numerico. Del resto oggi non sembra affatto strano che si utilizzi un sistema decimale per le necessità nell’ambito aritmetico, uno esadecimale, un tempo ottale, per le esigenze proprie dell’informatica e un metodo a notazione esponenziale per le problematiche che nella scienza matematica riguardano i grandi numeri.
Inoltre, rovesciando i termini della questione, altrettanto strano sarebbe stata l’adozione di un sistema così “conveniente”, se davvero la sua applicazione non si fosse dimostrata universalmente vantaggiosa, mantenendo tuttavia anche il precedente sistema a base dieci.
Invece è avvenuto che siano coesistiti i due metodi per cui, a mio modestissimo avviso, ciò agisce ad ulteriore sostegno della tesi per la quale il sistema sessagesimale sia stato trasmesso ad altri popoli da parte dei Babilonesi, sempre che ciò risponda alla realtà dei fatti, per ragioni che restano nell’ambito dell’attività commerciale e per esigenze che riguardano il computo di varie decine, centinaia e migliaia di unità merceologiche. Inevitabile la considerazione che la stessa attività commerciale, per intrinseche caratteristiche, sia efficacissimo mezzo di diffusione delle proprie innovazioni.
Ancora, di importanza decisiva per la dimostrazione di una tesi della diffusione geografica degli Indoeuropei a partire da un’area estranea al continente europeo potrebbe essere la dimostrazione di una primitiva parentela del ceppo linguistico indoeuropeo con un altro di origine differente e certa. Ma tutti i tentativi di ricondurre le lingue indoeuropee e semitiche [2] ad una base comune non hanno portato ad esiti positivi ed è comunque assodato che le origini dei popoli parlanti idiomi appartenenti al gruppo semitico si debbano collocare in un’area, sia essa circoscritta dalla penisola arabica o dal continente africano, decisamente inconciliabile con la possibile Urheimat.
D’altro canto, vi sono numerose e singolari concordanze lessicali e morfologiche tra le lingue indoeuropee e quelle ugrofinniche [3], al punto da lasciar supporre un precoce contatto tra le due famiglie linguistiche. Questi rapporti dovrebbero essere stati estremamente antichi e potrebbero essersi generati da contatti avvenuti sul medio corso del Volga, ad occidente dell’Ural, dove sembra sia da porre la sede primitiva delle popolazioni parlanti linguaggi appartenenti al gruppo ugrofinnico.
In contrasto con l’ipotesi della provenienza indoeuropea da alcuni particolari territori vi sono alcuni aspetti culturali che sembrano appartenere a questi popoli sin dalle origini e che risultano inconciliabili con l’ipotesi, ad esempio, che essi si siano irradiati a partire dai territori delle steppe euroasiatiche.
Sappiamo, ad esempio, che un’originaria usanza delle comunità di cui ci occupiamo prevedeva la preparazione di una bevanda alcolica a base di miele, tuttavia nelle steppe [4] non è possibile la presenza naturale di alveari. Nonostante oggi le api siano diffuse quasi ovunque ad eccezione dei territori artici ed antartici, l’habitat naturale di questo insetto non ammette variazioni di temperatura così estreme come quelle rilevabili in una steppa. La temperatura all’interno dell’alveare deve infatti mantenersi sui 35°- 36° per consentire una corretta attività della comunità e la sua stessa sopravvivenza. Nei vasti territori delle steppe euroasiatiche ciò risulta assai improbabile.
La dimostrazione indiretta ma incontestabile dell’antica conoscenza della produzione di miele è evidente nella concordanza del sanscrito m·dh-u o madu, col greco μεθον, “mezon”, il germanico meth o “anglogermanico” mead, il celtico orientale medb e quello occidentale meddw lo slavo med, sia occidentale che meridionale, con il latino mel, ecc. Nemmeno per l’orso era possibile la sopravvivenza in luoghi di tal genere, neanche nei periodi che interessano la storia originale di tali popoli, per ragioni legate all’ambiente. Ma anche per quanto concerne l’orso, abbiamo concordanze nelle varie lingue che appartengono al gruppo indoeuropeo, urs-us nel gruppo italico, ἄρκτος, “arktos”, in quello greco, art-(i)os in quello celtico, ar∂sō in sanscrito, tra i tanti esempi.
Dal momento che le condizioni necessarie alla vita di un popolo si rispecchiano ovviamente nei termini componenti il vocabolario della sua lingua, sono stati ricercati tra questi elementi lessicali indizi utili alla collocazione dell’Urheimat o almeno indicazioni significative nella riduzione delle ipotesi possibili.
Ovviamente la sola indagine linguistica non produce risultati senza una comparazione con l’analisi geografica e storica.
È in ogni caso plausibile che, in quanto documentato popolo preistorico, gli Indoeuropei avessero sede originaria nei luoghi presso i quali sono stati sempre presenti in età storica, ovvero proprio in Europa. Forse in una larga zona estesa dall’Oceano Atlantico ai territori circostanti il Mar Caspio dove lingua ed aspetti culturali in seguito loro propri e comuni si siano generati attraverso la commistione di molteplici e singolari esperienze.
È anche possibile che questi popoli avessero già occupato il nord dell’Europa. In ogni caso agli albori dell’epoca storica propriamente detta li ritroviamo nei territori che costituiscono aree di transito dall’Asia all’Europa. E’ altrettanto probabile che in questi luoghi risiedesse un ramo orientale Indoeuropeo, che ritroveremo in Iran assieme all’attenzione per il il cavallo, loro caratteristico animale.
Varie altre ragioni inducono a collocare le sedi dei primi Indoeuropei a nord e ad ovest del Mar Nero, forse nei territori dell’antica Tracia, ma resta il dubbio se qui fosse anche la loro patria originaria benché in tal modo si potrebbero comodamente spiegare le relazioni tra questi popoli e le antiche culture orientali.
Dal punto di vista eminentemente storico non possiamo discutere direttamente degli Indoeuropei nel loro insieme ma solamente dei singoli popoli che da tale cultura si sono originati.
La separazione stessa della primitiva entità pan-indoeuropea, il suo originare popolazioni differenziatesi particolarmente dal punto di vista linguistico e il diffondersi delle sue componenti determina il passaggio all’età storica. Dove e quando siano avvenute tali separazioni e quali avvenimenti ne siano state causa non è ancora definitivamente chiaro sebbene alcune delle ipotesi formulate in proposito offrano soluzioni plausibili.
Tale situazione è determinata dalla mancanza di testimonianze dirette della loro esistenza e per tale motivazione è impossibile ricostruire la loro storia sulla base di evidenze di cultura materiale.
NOTE
[1] Premesso che il sistema computale babilonese è a base 60 e non 10, pur ammettendo, che il fenomeno della compresenza dei due sistemi, come peraltro probabile, sia da ricondursi all’influenza mesopotamica, ciò non porta alcun nuovo elemento in funzione della determinazione del luogo originario di coloro che lo hanno adottato. Il sistema numerale babilonese trovava infatti vaste applicazioni pratiche poiché era asservito all’attività ponderale ed era alla base del calcolo dei valori utilizzati negli scambi commerciale. Poteva quindi essersi facilmente diffuso anche su lunghe distanze. In ogni caso, l’affermazione di una base sessagesimale in luogo di una decimale, molto più naturale perché rappresentabile con il semplice uso delle mani sembrerebbe in prima istanza perlomeno curiosa. In realtà questo sistema venne adottato in quanto il numero 60 poteva essere diviso in parti uguali per 2, 3, 4, 5, 6, 10, 12, 15 e 30, eliminando in tal modo il frequente ricorso alle frazioni per le quali gli antichi avevano comprensibili difficoltà. Questo è anche il motivo per il quale alcune merci sono ancora valutate in dozzine ed anche lo stesso per cui molti stati anticamente suddividevano la propria unità monetaria in dodici parti.
[2] Le lingue semitiche costituiscono una sottofamiglia delle lingue afroasiatiche nella quale sono classificati idiomi parlati in un’area che è in linea di massima compresa tra la Siria e l’Etiopia ed estesa in direzione sud orientale all’Iraq ed alla Penisola arabica. Isole linguistiche semitiche sono presenti anche in territorio Iraniano.
Le lingue semitiche maggiormente diffuse sono l’arabo, che conta oltre 200 milioni di parlanti, l’amarico, l’ebraico e il tigrino.
[3] Le lingue ugrofinniche compongono un ramo della famiglia delle lingue uraliche e sono oggi parlate da circa 25 milioni di persone nei territori della Scandinavia settentrionale, dell’Europa orientale e dell’Asia nordoccidentale. Il ramo ugrofinnico viene generalmente suddiviso diviso in due gruppi: il primo compete al finnico, detto anche finnopermiano, i cui principali esponenti sono il finlandese e l’estone. Il secondo, detto ugrico, include l’ungherese o magiaro, parlato in Ungheria e dagli ungheresi residenti nei paesi con essa confinanti. Le lingue ugrofinniche sono lingue agglutinanti i cui tratti fonetici distintivi sono quelli denominati armonia vocalica e gradazione consonantica, cioà l’alternanza fra due tipi di consonanti radicali.
Non esistono prove decisive di legami con altre famiglie linguistiche, nonostante siano state rilevate alcune affinità, in particolare col ramo turco delle lingue altaiche e con le lingue indoeuropee. Il proto-ugrofinnico, l’ipotetica lingua madre, deve essere stata interessata da contatti con lingue iraniche. In seguito le lingue finniche accolsero termini dalle lingue germaniche e delle lingue slave, il russo in particolare. L’ungherese ha subito l’influenza del tedesco, dell’italiano, del latino, dello slavo e del turco.
Fra le lingue ugrofinniche moderne l’eterogeneità è così vasta da non consentire il riconoscimento di un tratto comune a tutto il gruppo.
[4] La steppa, dal russo степь, “step” o “s’tjepj”, “pianura secca“, è un paesaggio naturale, la cui caratteristica è data dall’alternanza di due sole stagioni, una secca ed una con forti precipitazioni, detta “stagione delle piogge”.
Si presenta come una prateria perlopiù composta da graminacee ed arbusti. Quasi completamente assenti gli alberi, ad eccezione delle zone più umide in prossimità di fiumi e laghi. La fauna è costituita da ungulati, roditori, rettili e insetti. Il clima della steppa è di tipo continentale e presenta elevate escursioni termiche che possono arrivare ad un’ottantina di gradi, da -40 °C a 40 °C, con estati calde e inverni freddi ed una precipitazione media di 250-500 mm di pioggia o l’equivalente in neve per anno.
[ Articolo pubblicato il 25/11/08 e scritto da “kommios” ]
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