Tartan e kilt (Parte 1)

Gli scrittori hanno più volte descritto l’abito dei Celti.  Il mantello, chiamato in latino “laena“, era un prodotto ambìto anche da altre popolazioni, compresa quella romana, e veniva quindi commercializzato.

La tradizione celtica, in fatto di abbigliamento, prediligeva i colori accesi, usati in stoffe a righe o a riquadri policromi, colorate con sostanze vegetali.  Preziose restimonianze archeologiche ci giungono dalle miniere di salgemma di Hallstatt (VII-III secolo a.C.), ove furono rinvenuti pochi brandelli di tessuto, realizzato con la tecnica del moderno tartan (nella foto, il tartan di Hallstatt).  Questo tipo di abbigliamento venne adottato, sia pure in forme diverse, da tutte le popolazioni celtiche per numerosi secoli.  Oggi il kilt viene indossato da tutti gli scozzesi, lowlanders ed highlanders, nella forma di  “feileadh beg” (piccolo kilt), inventato, si dice, da tal Rawlinson, direttore inglese di una fabbrica siderurgica di Lochaber, che attorno al 1725, al fine di permettere una maggior libertà di movimento ai lavoratori, fece tagliare la parte superiore del tradizionale plaid che veniva indossato attorno al corpo, facendo cucire le pieghe che nell’usuale indumento si venivano a formare nella zona posteriore.

  L’antico abito era in sostanza una stola di stoffa lunga fino a quindici metri e larga più di quattro, ripiegato numerose volte nel senso della lunghezza al di sopra di un’alta cintura di cuoio, posta sul terreno.  Ci si stendeva sul drappo e si serravano alla vita i capi della correggia, quindi ci si alzava completamente vestiti.  Questo abito era conosciuto col nome di “breacan”, o “feileadh mor” (grande kilt).  Esso assicurava un buon riparo dal rigido clima delle Highlands, e la parte superiore formava un caldo mantello per riparararsi dalle intemperie; asciugava rapidamente e poteva essere una pesante coperta per la notte.

In tempi non troppo lontani questo abbigliamento era guardato con disprezzo da coloro i quali consideravano gli Highlanders alla stregua di selvaggi, chiamati spregiativamente “redshanks” a causa del colorito paonazzo che assumevano le loro membra esposte alle inclementi condizioni atmosferiche delle Terre Alte di Scozia.  Il kilt deve gran parte del suo fascino alla fiera immagine di chi lo indossava in battaglia; un proverbio recita:”Un uomo in kilt vale un uomo e mezzo”.  Sir Colin Campbell mandò in campo la Highland Brigade a Lucknow durante la rivolta indiana del 1857 con il motto ” Portate avanti il tartan!”  Durante la Prima Guerra Mondiale i Tedeschi soprannominarono la Cinquantunesima Higland Division “Le signore dell’inferno”, e la temevano come la più terribile delle formazioni alleate.  I Cameron Highlanders furono gli ultimi ad indossare il kilt in battaglia, durante la Seconda Guerra Mondiale in Francia nel 1940.

L’esatta origine del termine “tartan” è incerta, ma era riferita originariamente ad un tipo di materiale,  piuttosto che al suo disegno (nella foto, kilt moderno).  E’ necessario sottolineare che negli Stati Uniti si usa la parola “plaid” come sinonimo di “tartan“, mentre in gaelico significa coperta.  Il motivo del tartan viene a formarsi dall’incontro ad angolo retto della stessa sequenza, nelle medesime proporzioni di fili colorati.  Nella maggior parte dei tartan tale sequenza può essere ripetuta avanti o indietro in entrambe le direzioni fra due punti “pivot”.  Questo tipo di tessitura non è esclusivamente scozzese ed il suo uso è, come abbiamo visto, molto antico.  Attorno ai primi anni del 1600 compare il “grande kilt” sopra descritto, chiamato dagli Inglesi belted plaid: esso sembra essere di origine picta, ed in seguito adottato anche dagli Scoti, che venivano dall’Irlanda. 

Si racconta che gli schemi cromatici del tartan (sett) fossero riportati su dei bastoni, attorno ai quali erano disposti i fili nella corretta sequenza di colori; nessuno di questi oggetti è comunque sopravvissuto sino ai nostri giorni: difficilmente le fantasie oggi in uso possono essere ricondotte a quelle intessute nei tempi antichi, e non vi è nessuna prova che queste ultime avessero precisi riferimenti all’identità dei clan.  Inoltre, i vecchi frammenti di tartan giunti sino a noi dal XVIII secolo appaiono molto differenti dalle stoffe odierne, come lo sono gli abiti indossati dai capi-clan nei ritratti risalenti al XVII-XVIII secolo.  In questi quadri, pochi soggetti sono rappresentati in kilt, e quelli che lo sono rivelano che all’epoca venivano portati diversi sett di tartan contemporaneamente sulla stessa persona; inoltre, nessuno di essi corrisponde ad uno fra quelli attribuiti attualmente al rispettivo clan.

Nel dipinto “Episode from the Scotch Rebellion” realizzato da Morier e riferito alla battaglia di Culloden del 1746, gli Highlanders rappresentati vestono una gran varietà di tartan, e ciascun uomo ne indossa tipi differenti, nessuno di essi identificabile con i disegni moderni.  Si racconta che i modelli per il dipinto fossero alcuni prigionieri giacobiti detenuti al Carlisle Castle.  La diversità dei tartan qui mostrati potrebbe essere dovuta al fatto che i soggetti rappresentati potrebbero aver preso a prestito l’equipaggiamento del vicino al fine di essere ritratti, oppure ad una imprecisione del pittore; ciò sarebbe una ulteriore prova che all’epoca non esisteva un sistema di identificazione dei clan attraverso i differenti sett dei tartan.  In quel periodo gli eserciti usavano ornare il copricapo con foglie di una pianta o nastro colorato per distinguersi dagli avversari.  A Culloden i Giacobiti portavano una coccarda bianca sui loro berretti, la famosa white cockade, mentre le forze governative ed i loro alleati appuntavano una coccarda nera od una croce di nastro rosso appuntate sui copricapi.

[SECONDA PARTE] [ Articolo pubblicato il 16/12/06 e scritto da Alessandro Caprari ]

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