Etruschi e Celti della Gallia meridionale – parte 1

[ Illustrazione da: “Etruschi fuori d’Etruria” di Giovannangelo Camporeale ]

Delineare un quadro preciso di quel che fu il commercio fra gli Etruschi e le varie tribù celtiche continentali non è semplice ma nemmeno impossibile. Già verso la fine della Civiltà villanoviana (seconda metà VIII sec. a.C.), che già può chiamarsi propriamente “etrusca”, le potenti e ricche città dell’entroterra dell’Etruria meridionale, disponevano di porti ed empori sulla costa, fra tutte, l’antica Caere (l’attuale Cerveteri) con il suo maggiore scalo, Pyrgy, Tàrchuna (Tarquinia) con il suo porto Gravisca e Velch (l’attuale Vulci) con Regisvilla.
Da questi scali marittimi i prodotti etruschi viaggiavano sulle veloci navi, solcando quello che poi si chiamerà “mar Tirreno”, nome dato dai greci ai temibili commercianti/pirati etruschi, appunto Tyrrhenoi.

Nonostante gli autori latini, perlomeno la maggior parte, abbiano omesso se non proprio taciuto sull’importanza dei traffici etruschi verso altre popolazioni (Celti in primis), Tito Livio (Libro V, 33, 7) fortunatamente, afferma:
“Prima dell’egemonia romana, la potenza etrusca si estendeva largamente per terra e per mare. Per comprendere le reali dimensioni di questo dominio sui due mari che cingono a nord e a sud l’Italia rendendola simile a un’isola, basta guardare ai nomi con i quali li si designa: le popolazioni italiche, infatti, chiamarono l’uno Mare Etrusco e l’altro Atriatico dalla colonia etrusca di Atria.”

[ Buccheri, vasellame etrusco tipico ad impasto nero ]

Questo predominio si evidenziava in uno stretto rapporto commerciale sia con Massilia, unica colonia greca in terra celta, sia con gli abitanti indigeni sulla costa o nell’entroterra provenzale, come l’attuale Saint Blaise.
Giovannangelo Camporeale, famoso etruscologo, da poco scomparso, nel suo libro “Gli Etruschi fuori d’Etruria”, dice:
“Da oltre un centinaio di località distribuite lungo la costa della Provenza, della Linguadoca e nell’immediato entroterra provengono manufatti etruschi databili tra la metà del VII e il IV secolo a.C.
Bacili bronzei con orlo liscio oppure decorato a incisione con motivi a S o a treccia, anfore da trasporto, buccheri e ceramica etrusco-corinzia”.

[Un tipico “Aryballos” globulare etrusco-corinzio, usato per contenere oli profumati ]

Nonostante il silenzio delle fonti, le prove di tutto questo ci giungono dai ritrovamenti archeologici, sia terrestri che sottomarini.
L’élite celtica, dagli etruschi, comprava sia utensili in terracotta e in bronzo, sia la bevanda che a quelle latitudini era difficile coltivare: il vino.
Dagli etruschi potevano acquistare tutto il materiale per il Simposio, e, allo stesso tempo questa bevanda, che assunse un carattere non soltanto mondano ma anche spirituale: una bevanda rosso sangue non poteva sfuggire alla forma mentis celtica.

I ritrovamenti e la conseguente distribuzione di materiali etruschi nei territori della Gallia meridionale ha conosciuto diverse fasi. Dall’VIII all’ultimo quarto del VII secolo a.C., i ritrovamenti negli abitati indigeni sono prettamente etruschi, mentre dalla fine del VII fino al V secolo a.C., sono associati con quelli greci (dopo la fondazione dell’abitato greco di Massilia/Marsiglia). La diffusione si ebbe, per i centri costieri, dalla costa, mentre per l’entroterra essenzialmente per via fluviale.
La sorpresa è grande proprio in riferimento alla quantità degli oggetti etruschi ritrovati… se la più alta concentrazione di questi si situa naturalmente in Italia, al secondo posto è proprio la Francia a detenere questo primato!

[PARTE 2]

[ Articolo pubblicato il 28/08/19 e scritto da Carlo Amendola ]


One thought on “Etruschi e Celti della Gallia meridionale – parte 1

Rispondi