
Brasile, una terra assai lontana, il cui nome nulla farebbe pensare ad un qualche collegamento con il mondo Celtico. Ed invece non è così: sebbene improbabile, esiste una teoria che potrebbe far risalire il nome di questo splendido paese ad alcune opere di chiara matrice celtica detti Imram, ovvero racconti avventurosi, dove si narravano le gesta di eroi navigatori. In uno di questi veniva raccontato come gli Dei (dovrebbero trattarsi dei Tuatha Dé Danann sconfitti dai Milesi), perduta la loro dimora e non trovando accordo tra di loro, si dispersero per tutta la terra. Alcuni di loro vagarono per il grande mare verso l’occaso e ivi trovarono un’isola meravigliosa, dal clima caldo e dalla vegetazione lussureggiante. Lì posero la propria dimora e nominarono l’isola Breasail o Hy Brasil, il cui nome significa Isola (ì= isola) di grande bellezza (bres): una sorta di Paradiso Terrestre. Quest’antico Imram fu poi ripreso, rivisto in chiave cristiana, da un’opera medioevale di grande successo, la Navigatio Sancti Brandani, opera di genesi incerta che alcuni studiosi reputano probabilmente scritta in Irlanda tra il VII e l’VIII sec., mentre altri, pur concordando sull’anonima dell’autore, ne collocano la nascita attorno al X sec.

L’opera rielabora i numerosi viaggi compiuti da San Brandano, mescolando il tutto con antiche tradizioni celtiche e dando vita ad un entusiasmante epopea verso l’Isola dei Beati. Nel viaggio, il Santo, accompagnato da sessanta monaci si imbatte in strane isole, come il Paradiso degli Uccelli, L’isola degli Uomini Forti, quella delle Pecore Giganti e persino un isola-mostro denominata Zaratan, una sorta di enorme balena (a volte testuggine), le origini del cui mito passano addirittura per le Mille e una Notte (nello splendido racconto di Simbad il marinaio); l’idea del isola-mostro verrà ripresa anche dall’Ariosto nel VI canto dell’Orlando Furioso. I naviganti raggiungeranno, prima di far ritorno a casa, un’isola che Brandano chiamerà Hy Brazil, ove Dio aveva nascosto il Paradiso Terrestre dopo la cacciata di Adamo ed Eva.
Il successo del Navigatio fu tale che venne tradotto in varie lingue, tra cui anche vari dialetti italici e, si pensa possa addirittura essere una delle fonti di ispirazioni della Comedia di Dante Alighieri. Speculazioni a parte, certo è che l’opera influenzò notevolmente la cartografia medioevale tanto che dal XIII sec. molte mappe riportavano oltre le Colonne d’Ercole, l’Isola di S.Brandano (chiamata in varie carte come Isola di Brandanus, Brazi, Brazil, Bracil e Brasile), cosa che accense il desiderio dei navigatori e dei loro finanziatori di ritrovarla.

Persino la mappa di Toscanelli utilizzata da Cristoforo Colombo nel suo viaggio verso le Indie, riporta quest’isola fantasiosa. Ad ogni modo gli stessi portoghesi quando nell’aprile del 1500 scoprirono il Brasile, nonostante le dimensioni continentali che poterono intuire seguendo per dieci giorni le coste, nominarono quella terra Isola di Vera Cruz, riaffermando in un certo modo l’idea di isola-paradiso. Nome che non ebbe però fortuna e che verrà poi cambiato in quello attuale.
Per correttezza va detto che quest’ipotesi, seppur affascinante, non è la più probabile. Il nome del Brasile, infatti, deriva quasi certamente dal nome di un legno (conosciuto oggi come Verzino, il Caesalpinia sappan) importato dai Veneziani dal lontano oriente, un legno duro e resistente all’acqua e dal colore rosso intenso, simile a quello della brace, che i Veneziani chiamarono per tal motivo brassily o braxili. Quando la flotta portoghese giunse in nell’attuale Brasile, un fiorentino al seguito del capitano Pedro Alvares Cabral, un certo Amerigo Vespucci (!), affermò di aver visto una moltitudine di questi alberi (per la verità una variante, denominata Caesalpina echinata). La risorsa vene ovviamente sfruttata dai colonizzatori e gli operatori di tale commercio vennero chiamati “braxileiri”, da qui, il nome alla nazione.
[ Articolo pubblicato il 25/11/08 e scritto da “Mcgallant” ]