
Poi ci sono i Salassi.
Ci si è ostinati a chiamarli Liguri per secoli, ma c’è più di qualcosa che non quadra.
In primis, la città più importante che fu fondata nella parte meridionale del loro territorio si chiamò <Eporedia>. Questo toponimo è può essere utilizzato all’esame di filologia celtica come esempio classico di differenziazione tra le lingue Brittoniche e quelle Goideliche.
<Epos> (si pronuncerebbe “epuos” con leggero interessamento della parte posteriore del palato), significa “cavallo”. In latino è <Equus>. Qui si dimostra la trasformazione del suono <K>, <KV> delle lingue italiche e di quelle goideliche (celtiche in “Q”) nel suono <P>, caratteristico del Gallico continentale e dei suoi dialetti nonché di tutte le parlate del gruppo Brittonico (celtiche in “P”, appunto).
Chi abbia letto il primo numero della rivista “Anticaquercia” di quest’anno, potrà ricordare, tra le tavole storico-umoristiche, la citazione di <Rheda>, lat. <Raeda>, come termine indicante un “carro da guerra a due ruote”, generalmente trainato da due cavalli. Dunque, si tratta della “città dei carri da guerra” o forse una esempio di <Wagen-burg>, ovvero “barricata di carri”, da cui nacque in seguito il villaggio che divenne colonia romana. L’edicola con l’effige di <Epona> riscoperta nei pressi, ci conferma che ad essa, nella zona, era riservato un culto particolare, inoltre, “.eporediae boni equorum domitores (sunt).” (Plinio, 3,123).
La seconda colonia fondata, questa, sulla parte settentrionale del territorio Salasso, <Augusta Praetoria>, l’attuale Aosta, dista venticinque miglia da un <Arebrigium>, “Presso un’altura”, che dovrebbe corrispondere ad Arvier (Ao). Se poi andiamo ad analizzare il territorio del Canavese (terra Salassa), oggi è considerato l’esempio più alto di celtizzazione dell’area attigua il torinese. E “rotacismo” a parte, i reperti sono inconfondibili, i toponimi gli idronimi e gli oronimi altrettanto. Un esempio? Il torrente Orco.
Confrontiamolo con l’idronimo <Porkobhera>, filologicamente arcinoto. Si tratta del torrente Polcevera, che da il nome all’omonima valle alle spalle di Genova.
Il composto risulta da <Porkos>, sorta di pesce grasso, “trota” o “salmone” (questo termine è comune in Gallico e Ligure) e <Bhera>, dalla radice indoeuropea <Bher> lat. <Fero>, “portare”. Cioè, “Il fiume che porta il salmone (o la trota)”. Com’è che alle spalle di Genova troviamo un idronimo composto da una radice indiscutibilmente indoeuropea? Tenendo conto del fatto che i termini legati ai fiumi, ai monti ed agli elementi naturali sono generalmente quelli più antichi e che difficilmente mutano, la cosa in sé risulta assai curiosa.
Bene, il torrente Orco di cui dicevamo, altri non è che un fiume ricco di trote dove <Porkos> diviene <(P)-Orkos> per la ben nota regola della caduta della <P> iniziale tipica dell’evoluzione più recente del Gallico continentale.

Quanto a Genova, la <Genua> nota al tempo, il significato parrebbe “ginocchio”, “insenatura”. Famoso il paragone con <Genaua>, “Ginevra”, che certo, Ligure non è. Oggi, poi, sappiamo che la affascinante (almeno per me) città ligure, è in realtà, di fondazione Etrusca (gli ecisti provenivano da Orvieto e Chiusi). Lascia perplessi anche il fatto che i Romani la citino utilizzando il termine di <Oppidum>, ma su questo tenderei ad abbozzare. Ed è una sorpresa che tra gli abitanti dell’Emporion risiedessero non solo Greci, come il tale “Krulu”, ma anche Galli, come un certo “Nemetie”.
Per finire, la stele di Zignago (Sp). Si tratta di epigrafi redatte in alfabeto etrusco settentrionale utilizzate per “.trascrivere una lingua locale, ancora di incerta collocazione nonostante i marcati tratti celtici“. (F.Paolucci-R de Marinis).
In conclusione, non è affatto mia intenzione ignorare l’autonomia storica di un popolo la cui impronta è ben lungi dall’essere dimenticata. Possiamo forse negare l’indipendenza culturale della facies di “Alba-Solero”, o di un popolo che ha lasciato oltre 32.000 iscrizioni tra il monte Bego ed il Roja, che ci ha tramandato i nomi di tribù attualmente attestate come Liguri, gli <Epanterii>, i <Bagienni>, gli <Ingauni> ed altre decine almeno? Possiamo dimenticare quei <Viturii Langenses> che, opposti ai “Genuates”, subirono le vessazioni di un ben poco disinteressato arbitrato Romano ad opera di una coppia di delinquenti come si dimostrarono essere Quinto Minucio Rufo ed il fratello Marco Minucio Rufo e così come sappiamo dal trattato inciso nel 117 a.c. sulla tavola di Polcevera? Ovvero, scordarci di quei <Ligures Baebiani> e dei <Ligures Corneliani>, tribù apuane deportate nel 180-179 a.c. ( 47.000 ed oltre furono le vittime) nel cuore del Beneventano? E, infine, lo sterminio ingiustificato subito dagli <Statielli> ad opera del carnefice Marco Claudio Marcello? Essi denunciarono il crimine al senato, e per tutta risposta, nonostante il parere a loro favorevole dei notabili romani, dovettero anche assistere al trionfo del razziatore.
Certo che non possiamo dimenticare…
Sicuramente, il quadro che ne deriva è quello relativo ad una sorta di globalizzazione culturale ante-litteram. Dovremmo smettere di pensare ai popoli come rinchiusi nei loro cantoni, arroccati sulle loro alture, incapaci di socializzare. Questo modo di vivere non sono stati i Romani a determinarlo. La convivenza più o meno pacifica tra i popoli è sempre esistita. E forse oggi è un po’ più complicata che un tempo.
In ogni caso, quello che non sappiamo un giorno lo sapremo.
Nel frattempo si continua a lavorare perché la storia divenga nota. E ho l’impressione che ne vedremo presto delle belle.

Note
(1)“Alia subinde manus Cenomanorum Etitouio duce uestigia priorum secuta eodem saltu, fauente Belloueso, cum trascendisset Alpes, ubi nunc Brixia ac Verona urbes sunt – loco tenuere Libui – considunt post hos Salluuiiquue prope antiquam gentem Laeuos Ligures incolentes circa Ticinum amnem“ (Livio, 5,35,1).
Da notare che:
a) questa è la versione del Weißenborn nell’edizione di Lipsia del 1889, mentre Walters, Coney ed altri nelle edizioni di Oxford dal 1914 al 1965 danno una lettura differente del passo Liviano che probabilmente ci è giunto corrotto. La differenza comunque riguarda la posizione dei “Libui”, non dei “Levi”
b) Anche Tolomeo associa i Libui ai Levi (3,1,32) e colloca entrambe le popolazione presso <Laumellum> (Lomello, Pavia).
c) In Livio (21,38,8) sono chiamati Galli (“.ad Libuos Gallos.“) ma la radice dell’etnico “Libarna” (oggi Serravalle Scrivia) si è sostenuta Ligure e il suffisso -uo- si sostiene anch’esso ligure (Apuana, Adua, Genua, ma su questo ho forti dubbi, Ilua ecc.).
(2)“.Vercellae libiciorum ex Salluis ortae, Nouaria ex Vertamocoris, Vocontiorum hodieque pago, non, ut Cato existimat Ligurum ex quibus Laeui et Marici condidere Ticinum non procul a Pado.“.
Da notare ancora che “Vertamocori”, la “schiera di Vertamo”, è composto Gallico (<Vertamos>, cimbr. <gwrddaf>, “molto vigoroso”).
Per ciò che riguarda i <Vocontii>, sono anch’essi Galli, “il popolo dei venti cantoni”, ma giungono dopo (“.hodieque pago.“), probabilmente a seguito della calata storica del IV° secolo.
Quanto agli innumerevoli toponimi celti in queste zone documentati (<Rigomagus>, “campo del Re”, <Rhoudos>, “rosso”, <Briga>, “la alta” come Brescia e Briga nel cuneese per non parlare dei toponimi con suffisso in <-ate>), potrebbero comunque risalire all’avvento dei Vertamocori.
In quanto all’ipotesi preindoeuropea della radice “Br-gh”, un tempo suggerita, direi che cade in funzione di vari fattori. In primo luogo, Brescia, “Brixia” è stata fondata come avamposto difensivo in tempi sucessivi la calata storica, dagli “Insubri” autoctoni (“I terribili”, oggi identificati con i golasecchiani, cfr. Kruta ed altri), al confine con il territorio dei “Cenomani” che invece apparirono proprio in quel periodo provenienti dalla zona di Le Mans. In quell’area non esisteva nulla prima della sua nascita.
Vale lo stesso per Bergamo cioè <Bhrgha>, <Brexa>, “Bresse”, <Donobriga>, “Châtel Deneuvre”, <Sedobria>, “Suevres”,in Gallia, <Brixen>, transito dal tedesco, “Bressanone”, ed infiniti ,altri esempi in tutta l’europa Gallica, Belgica e Celtiberica.
Infine, e mi fermo, lo stesso Lejeune accenna (ed ora nella regione è ben documentato), ad un “Catubrigi” in Cadore, che da essi prende il nome. Banale l’etimologia: <Cat(ù)>, “battaglia” e <Briges>, “che stanno sopra, in alto”.
(3) Notiamo che questi ultimi si unirono agli “Iapodi” ed agli “Scordisci”, questi indubitamente Celti (i probabili autori di opere quali l’arcinoto “calderone di Gündestrup, l’unica “.popolazione celtica presso la quale l‘argento è tenuto in considerazione più dell‘oro“) sebbene influenzati dalle culture Illirica e Sciita, costituendo il nucleo di quella federazione del Norico che sopravissuta persino alla cupidigia Romana fu completamente cancellata dalla furia delle truppe di Burebista.
Mi fa pensare anche il caso della “civiltà d’Este”, esempio di convivenza Venetico-Celtica, largamente documentata a est del lago di Garda a ridosso di quel territorio Veneto a sua volta confinante con la propaggine occidentale dell’area Taurisca e quella meridionale Retica (“celtica” anch’essa ?).
(4)“.Augusta Taurinorum.antiqua Ligurum stirpe.” (Plinio, nh, 3,17,123).
[ Articolo pubblicato il 23/05/06 e scritto da “kommios” ]
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