Liguri o Celti? (I° parte)

Considerazioni sull’Italia nord occidentale

Premessa: Le trascrizioni dei termini originali sono rappresentati all’interno delle caporali.
Es. <TERMINE>
Le traduzioni degli stessi sono a seguire e racchiuse tra i doppi apici;
es. “TRADUZIONE” e così vale per le citazioni che sono anche in corsivo.
A seguire le indicazioni bibliografiche.
Per quanto riguarda le note, sono numerate tra parentesi ed in grassetto.
Es. (N)

“La parte convessa delle Alpi – che sono montagne molto alte e formano una linea curva – è rivolta verso le pianure dei Celti di cui si è detto e verso il monte Cemmeno; la parte concava verso la Liguria e l’Italia. Molti popoli occupano questi monti, tutti Celtici tranne i Liguri: questi sono di stirpe diversa, ma simili per stile di vita; occupano la parte delle Alpi che si congiunge agli Appennini ed abitano anche una parte degli Appennini” , Strabone (II, 5, 28)

Statua-stele di Filetto
di Villafranca (Ms)

È indubbio che dei Liguri si sia parlato e scritto molto e che gli autori antichi abbiano riferito spesso di questo popolo descrivendone quasi esclusivamente quelle caratteristiche che agli occhi della propria cultura apparivano decisamente esotiche. È indubbio che dei Liguri si sia parlato e scritto molto e che gli autori antichi abbiano riferito spesso di questo popolo descrivendone quasi esclusivamente quelle caratteristiche che agli occhi della propria cultura apparivano decisamente esotiche.

Ciò è vero per gli storici e geografi Greci e Latini e lo è altrettanto, purtroppo, per gli improvvisati studiosi che nel periodo romantico hanno favoleggiato di misteriose origini e costumanze.
Tuttavia, di questo arcano popolo costoro, in fondo, non ci hanno detto molto.
Per fortuna i tempi mutano e con essi anche i parametri sui quali le discipline archeologiche coltivano il proprio sapere.

Quanto ai Celti, beh, le novità sono quotidiane, ma la mostra tenuta a Venezia nel 1991 (e l’avvento della corrente new-age, nonostante i “danni collaterali”), hanno permesso la diffusione anche in Italia delle conoscenze ad essi relative.

Preso spunto dai quattro ottimi ed esaustivi articoli pubblicati dalla sorella Taish ed ai quali vi rimando per ciò che concerne la storia, le citazioni, e gli autori che dei Liguri hanno scritto, nonché dalla bellissima mostra tenutasi a Genova nel 2004, ritengo possa essere interessante riferirvi alcune personali considerazioni.

I < λιγυντικοι >, “liguntikoi” ovvero, “coloro che parlano con voce stridula” o “ad alta voce” o, secondo altre trascrizioni, < λιγυες >, “ligues”, “abitanti di zone paludose”, (cfr. < λιγυστικος εθνος >, “popolo della Ligustica”) furono, insieme agli Sciti, i Celti ed i Libici (intesi come abitanti delle coste africane) uno dei quattro grandi popoli “barbari” di cui i Greci scrissero, ma anche quello di cui scrissero meno.
Il primo problema da affrontare riguarda l’area da essi occupata.
Le fonti storiche dicono trattarsi di zona ben più vasta di quella che in età imperiale sarebbe diventata la “IX Regio”. Lo pseudo-Scilace (la prima versione è del VI° secolo a.c.) parla addirittura di una “grande Liguria” estesa dalla Catalogna alla costa versiliana, dove la facies Ligure si mescola ad altre, quella etrusca innanzi tutto.
Ciò giustifica le diatribe glottologiche che hanno palleggiato l’idioma Ligure tra le aree linguistiche pre-indoeuropee e sucessive, come la comunanza al basco o al gallico cisalpino ovvero la similitudine con le manifestazioni megalitiche Bretoni, Sarde, Irlandesi, Britanniche, delle Baleari ed altre ancora.
Effettivamente la Lunigiana non sembra costituire, dal punto di vista archeologico, il limite orientale della presenza Ligure in Italia. L’appennino ci conduce alla pianura padana centro-orientale costituendo, com’è ovvio, una direttrice di scambio già in epoca preistorica al pari dell’arco alpino nordoccidentale per ciò che riguarda la Gallia. La via che portava i cereali nell’area del basso Piemonte passava attraverso valichi conosciuti e frequentatissimi e nell’area del Piacentino anche gli Etruschi transitavano con le proprie merci in direzione di Spina e Comacchio dei laghi padani e dei valichi della Rezia, delle vie dell’ambra e del Salzkammergut pre e post-Halstattiano.

A Nord si è per molto tempo assunto come limite più o meno certo della presenza Ligure il corso del Po, almeno dopo le vicende relative al IV° secolo a.c. ma le evidenze archeologiche sembrano smentire ogni categorica affermazione. Polibio cita un’unica popolazione gallica a sud dell’Eridano, gli <Anares>.
Curioso, però, che il termine (celtico) riportato abbia senso di “gente più antica”. Ed è in evidente contraddizione con l’ipotesi di uno stanziamento storicamente recente di costoro in un territorio altrui.
Ancora a nord sia Plinio che Livio definiscono Liguri i “Levi” e i “Libui”, stanziati con limite indefinito nelle aree che toccano i territori di Vercelli e Novara (1).
Plinio attribuisce ai “Levi” anche la fondazione di “Ticinum” (2).

La falesia del Bausu Longu a Triora (Im)

Ma costoro scrivono tardi, sono confusi e poco significativi dal momento che all’epoca queste due città risultavano inequivocabilmente galliche o “celtizzate”, come dimostra l’etimologia dei toponimi e un’infinità di reperti anteriori ai due scrittori, dalla stele di Briona alle necropoli quasi coeve le vicende dei “Campi Raudii”. Oltretutto va considerata la rivoluzione causata dalla affermazione del Lepontico-Gallico Cisalpino (dal Lejeune in poi e con l’iscrizione di Como-Prestino) come lingua appartenente al gruppo Gallico continentale e tale elemento va tenuto presente anche per le popolazioni di cui parleremo in seguito.
Andiamo avanti.

Per quanto riguarda i “Taurini”, il termine con i quali sono conosciuti gli abitanti della zona del capoluogo piemontese entrò in uso solo in in epoca romana. Le prime citazioni risalgono al periodo dell’invasione di Annibale, intorno al 218 a.c., il quale si narra avere raso al suolo il centro principale di questa tribù.
Però l’origine del termine “Tauro(s)” è indubbiamente pre-indoeropea con significato arcinoto di “abitanti dei monti”, come per i “Taurisci” presenti all’estremità opposta dell’arco alpino (3).

Insomma, per ciò che riguarda i “Taurini”, il loro nome non ci dice nulla, con buona pace di Strabone e Catone, da cui dipendono in gran parte le fonti di Plinio (4).
Teniamo presente che le vicende del generale cartaginese sono relativamente recenti dal momento che si collocano alla fine del III sec. a.c.
Inoltre ci imbattiamo nell’annosa questione relativa ad “Ocellum” (dal primo “vaso di Vicarello”), <statio > romana non ancora localizzata con sicurezza (sembra affermarsi l’ipotesi di Avigliana, ma si continua a disquisire su ipotesi alternative). Ovunque si trovasse, l’etimo è indiscutibilmente gallico.
Stesso discorso vale per Usseaux, Oulx, <Excingomagus>, “Exilles”, <Bardomagus>, “Bardonecchia” (ma documentato anche in Lombardia) ed una marea di toponimi della bassa ed alta Valsusa e della Val Chisone, dove siamo a conoscenza anche dei nomi delle tribù galliche che vi erano stanziate e non solo grazie all’arco di Susa dell’arcinoto Cozio (“Kottios”-“Kottos”), anch’esso un Gallo e ce lo dice il nome stesso, il quale divenne governatore delle Alpi occidentali in epoca Augustea presso la sua capitale <Segusium>, “la vittoriosa”.

Si potrebbe pensare che ad occidente dell’area torinese l’etnia Ligure non fosse rappresentata.
Eppure i <Sallui> o <Salluvii>, sfortunati protagonisti della vicenda che portò il console Marco Fulvio Flacco nel 125 a.c. alla guerra e che vide convolte varie tribù indiscutibilmente galliche, tra cui gli arcinoti <Edui> ed gli <Allobrogi>, “Quelli che vengono da altrove”, non si è ancora deciso se vadano definiti Celti o Liguri. Eppure lo stesso Livio li cita come interessati allo stanziamento nell’area centro-settentrionale del Piemonte e li definisce Liguri.
Allora perché i loro santuari di Entremont ed Aix-en-Province sono inequivocabilmente di matrice e culto celtico? E’ un mistero..?

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[ Articolo pubblicato il 23/05/06 e scritto da “kommios” ]

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