Storia della cornamusa scozzese – parte 2

Da Culloden ai giorni nostri

Il campo di battaglia di Culloden Moor

Nella prima parte di questo speciale dedicato alla storia della cornamusa scozzese abbiamo visto come l’utilizzo di questo strumento sia stato bandito in Scozia per alcuni decenni, dopo l’esito disastroso dell’ultima insurrezione giacobita stroncata nel sangue sul campo di battaglia di Culloden Moor.

Nel 1781, dopo tanto tempo, venne finalmente organizzata nei pressi di Falkirk la prima competizione legale per cornamusa, grazie agli sforzi della Highland Society of London che nel frattempo si stava battendo anche per l’annullamento del bando. Teatro della gara fu il Rough Castle Fort, ovvero quanto resta di un forte romano costruito lungo il Vallo di Antonino.

Vallo di Antonino nei pressi del Rough Castle

Falkirk venne scelta ufficialmente perché sorge in una posizione a metà tra le Highlands e le Lowlands, quindi rappresentativa di tutta la nazione. Personalmente sospetto però che il fatto che il 17 gennaio del 1746, pochi mesi prima di Culloden, nei pressi della cittadina fosse stata combattuta una battaglia che aveva visto vittorioso l’esercito giacobita possa aver influenzato non poco la scelta della località. In ogni caso, malgrado questa competizione il bando venne tolto solamente nel luglio dell’anno seguente, quindi nel 1782.

Pannello nei pressi del Rough Castle, in cui viene ricordata anche la competizione del 1781.

Finalmente la cornamusa poté tornare a far sentire la sua possente voce per le verdi vallate e sulle desolate scogliere della Scozia. Fiorirono varie scuole, e la Great Highland Bagpipe (in seguito GHB) prese sempre più piede anche all’interno dell’esercito britannico, dove del resto ogni reggimento scozzese aveva in organico già da tempo almeno un piper. E proprio grazie all’esercito britannico e alle colonie di Sua Maestà la GHB venne esportata in mezzo mondo, dall’America all’Asia, dall’Oceania all’Africa, contribuendo non poco all’ampia diffusione che ancora oggi la caratterizza.

Per volontà della regina Vittoria, notoriamente innamoratissima della Scozia, verso la metà del XIX secolo nacquero le prime pipe band, che videro la luce in ambiente militare ma che vennero presto assimilate anche dalla società civile. E fu sempre Vittoria nel 1843 a volere per sé un piper personale, una tradizione che continua nella monarchia britannica ancora ai giorni nostri. Anche la regina Elisabetta II ha infatti alle proprie dipendenze un piper personale, il cosiddetto “Piper to the Sovereign” o “Queen’s Piper”. Si tratta del più alto incarico assegnato a un piper in servizio nelle forze armate; il suo compito è suonare ogni mattina alle nove in punto sotto le finestre della regina, per circa quindici minuti.

Il periodo delle due guerre mondiali fu particolarmente duro per i suonatori di cornamusa. Soprattutto durante il primo conflitto, l’esercito britannico mantenne l’antica consuetudine di mandare avanti i piper sui campi di battaglia per infondere coraggio nelle truppe, senza dar loro la benché minima possibilità di difendersi. Fu una carneficina: alla fine della guerra si contarono più di mille piper caduti in combattimento, sui circa 2.500 che presero parte alle operazioni belliche. Già verso il termine del conflitto, e poi con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, si decise allora di esonerare i piper dai combattimenti per lasciarli nelle retrovie. Uno dei pochi a prendere attivamente parte agli scontri fu il celebre piper Bill Millin, che sbarcò su Sword Beach il 6 giugno del 1944 durante il D-Day.

Bill Millin sbarca a Sword Beach durante il D-Day

Conosciuto anche come Piper Bill, il nostro era il piper personale di Simon Fraser, il XV Lord Lovat, che decise di impiegarlo in battaglia malgrado il divieto con una famosa frase: “Si tratta di un ordine inglese, ma tu e io siamo scozzesi. La cosa non ci riguarda”!
Bill Millin sbarcò quindi sotto il fuoco dei tedeschi, e per tutta la giornata percorse la spiaggia suonando “The Road to the Isles” e “Highland Laddie”, infondendo coraggio nei suoi compagni e riuscendo a salvarsi miracolosamente. Quando a sera venne chiesto ad alcuni prigionieri tedeschi perché non gli avessero sparato, considerando che si trattava di un bersaglio fin troppo facile, la loro risposta fu che pensavano semplicemente che fosse impazzito, e che quindi non valeva la pena sprecare proiettili con lui. Solo un pazzo infatti, secondo loro, avrebbe potuto continuare a suonare in mezzo a quell’inferno. Piper Bill si è spento il 17 agosto del 2010 all’età di 88 anni.

L’8 giugno del 2013 a Colleville-Montgomery è stata inaugurata una splendida statua dedicata a questo eroe, alla presenza di alcuni reduci del D-Day e di numerose pipe band provenienti da vari Paesi. La prova di come, per fortuna, si può diventare eroi di guerra semplicemente suonando, e non soltanto ammazzando.

Tornando alla storia della cornamusa in senso generale, durante il XX secolo vennero migliorate le potenzialità dello strumento, soprattutto rendendone l’intonazione decisamente più stabile rispetto al passato, una tendenza che fortunatamente continua ancora oggi. Inoltre, accanto ai progressi costruttivi, o forse soprattutto grazie ad essi, si è col tempo sviluppato un sistema altamente competitivo, sia a livello solistico che di ensemble. In tutto il mondo si svolgono così competizioni aperte sia ai dilettanti che ai professionisti, naturalmente suddivisi in categorie che tengono conto del livello di abilità. A questo proposito vi consiglio di provare a seguire almeno una volta nella vita i World Pipe Band Championships, cioè i campionati mondiali di pipe band che si tengono ogni anno a Glasgow, generalmente nel secondo o nel terzo weekend di agosto. Vi partecipano bande di ogni livello provenienti da vari Paesi e ogni anno è uno spettacolo davvero unico!

I World Pipe Band Championships di Glasgow in un’edizione di alcuni anni fa

Naturalmente, accanto alle bande da competizione esiste anche un considerevole numero di bande cosiddette “sociali”, dove lo scopo non è partecipare a competizioni ma semplicemente suonare per divertirsi e per passare qualche ora piacevole in compagnia di amici. In questo caso ovviamente il livello musicale è spesso, ma non sempre, più basso rispetto a quello delle bande da competizione. Alla fine però probabilmente hanno ragione loro: la musica non dovrebbe essere una gara. Per come la vedo io dovrebbe essere invece il piacere di esprimere sé stessi attraverso uno strumento musicale, senza la tipica “ansia da prestazione” che inevitabilmente affligge che si dedica all’agonismo! Del resto il sistema delle competizioni, per come è inteso oggi, viene sempre più attaccato anche da esponenti di rilievo provenienti dallo stesso ambiente. Avendo visto gli importanti cambiamenti già avvenuti in passato, cosa ci riserverà allora il futuro della cornamusa scozzese? Staremo a vedere, devo dire che personalmente sono parecchio curioso!

Articolo pubblicato il 14/09/19 e scritto da Ottavio Gusmini ]


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