Le feste celtiche – Imbolc

[Tratto da: Les fêtes celtiques di Françoise Le Roux e Christian J. Guyonvarc’h. Traduzione a cura di Erba Giancarla – Mikayla ap Ruis]

LE DIFFICOLTÀ DELLA FESTA DEL PRIMO FEBBRAIO 
Come nel caso di Samain, il punto di partenza dello studio di Imbolc è etimologico. 

Tenuto conto dei documenti forniti, non è necessario ripetere a lungo il risultato della ricerca filologica: Imbolc è una “lustrazione” o una purificazione all’uscita dei rigori dell’inverno. Non crediamo assolutamente che sia una festa di apertura d’anno.
È anche e soprattutto il nome arcaico di una festa praticamente scomparsa – ammesso che sia mai esistita come festa completa -. Paralizzati dalla povertà delle nostre informazioni di base, non potremo andare più lontano, né nella scoperta di eventuali e improbabili fatti nuovi, né nell’interpretazione di fatti già conosciuti e già ampiamente commentati.  

MITOLOGIA O FOLKLORE? 
Il meno che possiamo fare a questo punto è di supporre che la festa non doveva essere estranea all’atmosfera indo-europea di febbraio, dominato dalle cerimonie lustrali e orgiastiche, le stesse che Georges Dumézil ha descritto, analizzato e classificato nella sua opera su “Il problema dei Centauri[1]. Diventa vano fare una ricerca…tutto ciò che si dice negli inni, nelle omelie o nella letteratura liturgica in generale dell’Alto Medioevo, tranne qualche allusione, sarebbe difficilmente trasferibile nello spazio religioso che ci interessa. Una terza ragione – conosciuta da tutti e spesso invocata – sarebbe che la cristianizzazione ha tutto ricoperto, denaturato o reinterpretato. Sappiamo che non è esattamente così, ma la conversione al cristianesimo ha considerevolmente modificato le abitudini e le mentalità e quindi torniamo alla prima ragione esposta sopra; tranne eccezioni, non saremo mai molto sicuri della legittimità o eredità indo-europea della festa.  

LA FESTA DI SANTA BRIGIDA 
Santa Brigida è praticamente l’equivalente femminile di san Patrizio nella gerarchia agiografica irlandese, ed è succeduta a Brigit, dea precristiana, madre di tutti gli dei. 
In ogni caso il nome di Imbolc è scomparso sia dal calendario che dalla memoria popolare. Resta dunque la celebrazione di santa Brigida il primo febbraio, ad una data estremamente vicina alla Candelora. 
L’integrazione di Imbolc come festa cristiana era la condizione o la conseguenza primaria della sopravvivenza.
Il rituale è quello di un culto domestico che assicura il ritorno di Brigit che proteggerà la casa purificata: 

Ecco il racconto che viene dalla regione di Tallow, Co Waterford (MS 900): “Il capo famiglia, dopo che è calato il sole, prende una falce e va a tagliare un fascio di giunchi che metterà all’esterno della casa. Più tardi raccoglierà il fascio e farà il giro del terreno intorno all’abitazione nella direzione del sole. Tornato alla porta, dialoga con coloro che sono all’interno  inginocchiati: “Datemi qualcosa e lasciatemi entrare. – Chi è? –  Sono  Brigid.”  
Successivamente vengono fatti un secondo e un terzo giro, ogni volta interrotto dalla stessa modalità. Dopo di ciò l’uomo entra, posa il fascio di giunchi sul tavolo, dice le preghiere e invita tutti a mettersi a tavola. Dopo cena il fascio viene messo al centro del cerchio di famiglia e si confeziona una croce”. (I, p 169)  

Viene messo in rilievo un fatto rilevante: l’importanza di Santa Brigida nell’organizzazione del calendario rurale irlandese e allo stesso tempo, la profondità della cristianizzazione. La festa popolare di Santa Brigida non ha più niente a che vedere con Imbolc ma si riaggancia integralmente a ciò che l’autorizza e la legittima: il culto dei santi.
Altra questione è, ben inteso, di sapere se tutti i santi onorati nei paesi celtici hanno avuto, da Roma, un processo di canonizzazione in regola. Un’altra questione ancora è sapere in quale misura il folklore, nel senso più ampio del termine, ha conservato mantenuto o recuperato, attraverso il culto dei santi, degli elementi cultuali o mitici precristiani. È evidente che molti aneddoti concernenti santa Brigida nel repertorio folkloristico irlandese non hanno alcuna eredità evangelica. 

Vediamo ora il dettaglio di ciò che viene citato nei rituali conosciuti.
Le due prime fasi che possono passare per uno stadio preparatorio, sono sottolineate da:
– la raccolta o la conservazione di alimenti particolari: latte e burro;
– la pulizia della casa.
Inoltre si accende un fuoco e si procura paglia fresca agli animali. 

Vengono poi:
– la confezione di un pupazzo (fasci di grano con dei vestiti addosso, spesso con mantello);
– un cerimoniale d’entrata: richiesta del padrone di casa che porta e/o rappresenta Brigid;
– risposta favorevole degli occupanti della casa (il  resto della famiglia), domande e risposte consistenti in formule precostituite;
– confezione di croci  che proteggeranno (contro la tempesta) perché saranno santificate o benedette dalla presenza di Santa Brigida. 
Il rituale è chiaramente cristiano, non fosse altro che per la confezione della croce. La distinzione tra “pagano” e “cristiano” non ha molto senso nella misura in cui tutta la festa è diventata parte integrante di un insieme a finalità interamente cristiana. 

Il corpo folklorico della festa di Santa Brigida non è riducibile a delle norme precristiane caratteristiche e tende piuttosto a stabilire che le differenze che separano le due religioni non sono interamente definibili in termini di opposizione o di antinomia. In conclusione, la festa di Santa Brigida si è sostituita ad Imbolc.
È logico pensare che la festa cristiana prolunghi la festa pagana: il solo nome di santa Brigida ci autorizza a supporre che Imbolc era sotto il patronato della grande divinità femminile irlandese, Brigit.  

I FATTI EPICI
In tutto il repertorio epico, non abbiamo rilevato, tranne nel caso di un episodio delle avventure di Cuchulainn, la citazione di Imbolc come data che segna importanti avvenimenti:
“…Dal lunedì di Samain al mercoledì dopo Imbolc, Cuchulainn non dormì, se non per qualche breve momento appoggiato  con la testa su un pugno e con il pugno sulla lancia e la lancia sul ginocchio…” 
Se analizziamo bene l’episodio, Cuchulainn ha combattuto senza mai dormire dal primo novembre al primo febbraio, cioè durante i tre mesi più cupi e più freddi dell’anno celtico. È nel momento in cui l’inverno si addolcisce, che la natura esce dal proprio torpore, che lui potrà dormire realmente – solamente per tre giorni, è vero, che è poco in considerazione della fatica e dei grandi sforzi del guerriero. 

I trascrittori, monaci o filid, non ci hanno trasmesso alcuna traccia di rituale precristiano, né cerimonie, né sacrifici, né riunioni o assemblee di sorta e Imbolc è la sola festa irlandese senza nessun genere di  testimonianze. Abbiamo avuto l’occasione di verificare a più riprese, da più di trent’anni, che la tendenza irlandese (e celtica) non è la catalogazione stretta delle funzioni.
… Si dovrebbe rallentare lo “zelo” che certi “specialisti” impiegano per scoprire, nel mondo celtico, degli schemi e stereotipi che seguono una griglia uniforme dell’ideologia trifunzionale. Concretamente resta poco da dire o da affermare: la lustrazione è insita nel nome, così come la capacità fecondante o procreatrice è inerente alla natura di tutte le divinità femminili.
… Ci manca l’equivalente celtico del Luperques (e dei Lupercales), se mai sono esistiti. La “festa” di Imbolc è stata dunque una festa agraria così come hanno pensato la maggior parte dei celtisti [2]? Noi non lo pensiamo… 


[1] Pag.195-222. È caratteristico delle conseguenze della cristianizzazione che in Irlanda non si trovi niente, così come negli altri paesi celtici, delle “influenze erranti”, corrispondenti allo psichismo inferiore dell’uomo, menzionato da René Guénon, Sur la signification des fetes “carnavalesques” in Symboles fondamentaux de lascience sacrée, Parigi, 1962 ed. Gallimard, p. 165, nota 2.
Inoltre, non è alla festa di Imbolc che compaiono, nella credenza celtica, le larve e i demoni, ma è la festa di Samain. Almeno ciò è quello che ci permette di supporre il raccondo Echtra Nerai o “avventure di Nera”.
[2] M.L. Sjoestedt, Dieux et héros des Celtes, p. 72, ha creduto, a torto, che il carattere essenziale del calendario celtico fosse pastorale e agrario. Forse lo è diventato ma, nell’alta epoca precristiana, l’evoluzione in questo senso non era ancora cominciata.

Articolo pubblicato il 23/02/06 e scritto da Giancarla Erba ]


Rispondi