
Dalla terza all’ultima fase dell’età del Bronzo finale (1.650-1.200 a.C.) fino all’inizio dell’età del Ferro (950-309a.C. circa), le zone che si trovano a nord-ovest della Gallia mediterranea fanno parte della sfera culturale atlantica e sono in contatto con la sfera Hallstattiana (o nord alpina) a est, e la sfera culturale Gallo-iberica a sud.
A differenza della sfera culturale nord-alpina, questa regione è raramente studiata per quanto riguarda i contatti commerciali con la Gallia meridionale e, attraverso essa, con il mondo italico ed etrusco. Grazie, però, alla ricerca e ai ritrovamenti archeologici, si è potuto tracciare un limite ideale degli avamposti gallici interni, vicini alla sfera commerciale costiera che formano i punti di diffusione, per la Gallia settentrionale, dei prodotti etruschi (specialmente, come si è già detto nell’articolo precedente, bucchero nero e anfore).
Questi siti sono:
– l’abitato fortificato di Cluzel, nei pressi di Tolosa (dipartimento dell’Alta Garonna)
– l’abitato di Crdouls a Puylaurens (dipartimento del Tarn)
– Puech de Mus, nei pressi di Saint-Eulalie-de-Cernon (dipartimento di Aveyron)
Per quanto riguarda le regioni che si trovano a nord del Massiccio centrale, esse venivano rifornite per via fluviale dal Rodano-Saona, ma anche attraverso le vie delle Alpi occidentali.
Dare un’esatta ripartizione degli oggetti ritrovati è un po’ difficile, dato che nella Francia del XIX secolo era pratica comune quella di falsificare la provenienza dei beni archeologici, perlomeno quelli che avevano un valore maggiore, come gli oggetti di bronzo, per farli arrivare nelle zone povere di reperti, molte volte proprio su richiesta di quei musei che desideravano arricchire la loro collezione di reperti antichi. Questo portò a un cospicuo aumento del mercato nero specializzato in reperti antichi, specialmente di piccoli dimensioni e addirittura, in regioni come l’Alvernia, veri e propri falsari riuscirono a falsificare la provenienza di reperti di una certa importanza. Ad esempio ci fu il caso di un pittore, che abitava presso Clermont-Ferrand, tal G. Fabre, che riuscì a vendere, come proveniente proprio dall’Alvernia – oltre a fibule, asce, statuette – addirittura un carro cultuale villanoviano.
Un problema che si presenta, quando si cercano reperti d’importazione, è il discorso delle pratiche cultuali. Nelle altre regioni d’Europa le tombe, i santuari e i depositi rituali sono i luoghi privilegiati di abbandono dei reperti. Differente è il discorso per la Gallia atlantica:
– diversamente che nella Gallia meridionale, a nordovest il morto veniva cremato e nelle tombe si disponevano solo due o tre vasi, oltre all’urna cineraria, e qualche offerta alimentare.
– I santuari appaiono poco strutturati e non sembrano conoscere, prima del V secolo a.C., miglioramenti importanti. Sono, per questo, difficili da identificare e, una volta scoperti, poveri di offerte ripetute, abbondanti e diversificate.
– I depositi rituali sono, al contrario dei santuari, abbondanti, ma la forte umidità di quelle zone erode e deteriora i reperti, rendendo difficile il lavoro dell’archeologo.

Un rinvenimento importante avvenne alla fine del 1800 a Saint-Gemmes-sur-Loire (nel dipartimento del Maine e Loira), a opera di un agricoltore durante il lavoro nei campi: nei presso del fiume ritrovò una protome di grifone in bronzo (altezza 25,5cm) facente parte di un grande lebete (andato perduto), datata tra la fine del VII e l’inizio del VI secolo a.C.. Questo grande recipiente sarebbe stato il più grande vaso bronzeo, secondo solo al famoso ed eccezionale (1.64 metri per una capienza massima di 1.100 litri) cratere di Vix (Borgogna) facente parte dei ricchi doni di una principessa celta.

[ Articolo pubblicato il 27/09/19 e scritto da Carlo Amendola ]