
Introduzione – Definizione del problema
Le feste erano, grazie ai druidi che le organizzavano e le presiedevano, l’incontro tra gli dei e gli uomini in un momento ed in un luogo ben definito, seguendo precisi criteri di tempo in un luogo sacro specifico. Indicano anche un momento di passaggio e di trasformazione, da un tempo ad un altro o da uno stato ad un altro, il termine o l’inizio di un ciclo, stagionale o annuale, nello stesso tempo morte e rigenerazione del tempo; questo ciclo era, secondo l’espressione di Mircea Elide un “eterno ritorno”. Si parla e si scrive molto dell’esoterismo celtico in certi ambiti dove, senza sapere troppo di cosa si tratta, viene confuso con il loro proprio modo di vedere, il quale è spesso agganciato ai dogmi o alle dottrine pseudo-filosofiche, e chi se ne occupa spesso fa un’amalgama tra la tradizione celtica e l’occultismo. Su argomenti come questo, nonostante tutte le tentazioni, è proibita l’avventura.
È praticamente certo che le feste sono panceltiche, ma noi non sappiamo granché delle feste continentali. E le nostre conoscenze così come la nostra ignoranza, sono ben circoscritte: o sappiamo o non sappiamo; il carattere “svolazzante” della tradizione celtica è molto spesso un pretesto ipocrita per rendere all’Irlanda medievale una giustizia sbrigativa, giusto degna di Cromwell o dei Black and Tans, per ributtare la Gallia antica e precristiana nella notte della barbarie e dei sacrifici umani. La festa dovrebbe essere chiamata “evento sociale”. Secondo il nostro punto di vista, già abbondantemente giustificato1, il fatto sociale è incluso nel fatto religioso. Tutte le classi sociali partecipano, ciascuna a suo modo, alle feste e ai riti. Un altro punto su cui è necessario attirare l’attenzione è la considerevole importanza delle feste (così come del calendario) nell’esistenza della società celtica come in quella di tutte le società antiche e medievali.
La festa è globalmente un segno e un punto fisso nel tempo e nello spazio. Al contrario delle faccende umane, per la sua fissità ed immobilità, questa si riallaccia all’eternità. È bene dire, fin dall’inizio, che nessuna festa celtica può servire a provare che i celti praticavano lo sciamanismo o che i druidi erano i sopravvissuti di una civilizzazione megalitica anteriore agli Indo-europei: abbiamo verificato già da molto tempo che, nonostante le numerose difficoltà nei dettagli, apparenti o reali, possono essere prese in esame solo la spiegazione e l’interpretazione che seguono le vecchie norme indo-europee dell’ideologia tripartita. Non si tratta per noi di descrivere una festa, o ciò che ne rimane, nel suo ultimo stato cristianizzato e folclorico, ma di ritrovare, in tutti i modi possibili, lo stato celtico iniziale della festa precristiana. Questo stato iniziale, nella sua più grande purezza, non è quasi mai accessibile. Per giunta, anche se qualcuna di queste feste locali riportano ad un lontano passato, esse sono troppo spesso, nella loro forma attuale, la conseguenza di una iniziativa umana contemporanea che le riattualizza, e, in questo modo le condanna ad essere inevitabilmente “profane”. In generale, il folklore servirà in quest’opera a ritrovare la traccia o la continuazione abbastanza precisa in occasione di qualche fatto mitologico maggiore. Si può citare come esempio, nel racconto Cath Maighe Tuireadh o “battaglia di Mag Tured”, alla fine della narrazione, quando il re fomoro Bres viene fatto prigioniero, instaura con i suoi vincitori un dialogo nel corso del quale proposte, tutte rifiutate, tranne l’ultima, in un piccolo paragrafo, nel quale i quattro termini sono dei riferimenti impliciti alle quattro stagioni dell’anno celtico: “Tutto ciò ci è convenuto, dice Maeltne, la primavera per lavorare e seminare, affinché il grano sia forte all’inizio dell’estate e cominci ad essere bello in autunno e pronto ad essere raccolto all’inizio dell’inverno.”2 Detto ciò, non bisogna mai perdere di vista che il folklore non è la tradizione, ma una rimanenza o un ricordo incosciente della tradizione precristiana. È sempre stata grande la tentazione di trattare il druidismo come una chiesa e di concepire le sue eventuali gerarchie e le sue cerimonie sul modello del cattolicesimo. Nulla lascia pensare che le feste celtiche fossero presiedute da un “arcidruido”. L’Irlanda medievale, cristianizzata, ignora totalmente questo tipo di superlativo. Le quattro feste che andremo ad approfondire sono gli unici riferimenti di calendario conosciuti dell’epoca precristiana. Ignoriamo quasi totalmente la maggior parte dei nomi irlandesi e britannici dei mesi e dei giorni della settimana antecedenti al cristianesimo. Nell’irlandese moderno, tranne gennaio (Eanair), febbraio (Feabhra), marzo (Màrta), aprile (Abràn) e luglio (Iùl) che sono presi in prestito dal calendario latino, i soli nomi di origine celtica sono Bealtaine (maggio), Lùnasa (agosto) e Samhain (novembre).
Meàn Fòmhair (settembre), Deire Fòmhair (ottobre) e Mì na Nodlag (dicembre) sono delle sostituzioni, rispettivamente “metà autunno”, “fine dell’autunno” e “mese di Natale”.
Si può notare che Imbolc non si è conservato. Ci sembra particolarmente paradossale che le basi religiose delle feste celtiche non siano state che parzialmente considerate.
“Natio dedita religionibus” (“nazione dedita ai riti”), dice Cesare parlando dei Galli, affermazione che è vera anche per tutti gli altri Celti: le feste irlandesi comportavano riti, liturgie, cerimonie diverse, in virtù delle quali entravano in contatto con tutti gli altri aspetti della vita sociale. Inoltre, la festa è anche un’immagine concentrata della società e delle sue attitudini. Non è quindi un riflesso o una conseguenza, ma una causa, nel contempo realtà e simbolo. Infine la festa è posta sotto la protezione di un dio che non è nominato che raramente, ma la cui esistenza e il nome non possono essere messi in discussione. È sempre la stessa divinità che compare nel nome di Lione, Lugudunum, dove si celebrava la festa gallica del primo agosto, e nella Lugnasad irlandese. Quanto all’importanza relativa o alla gerarchia delle feste le une in rapporto alle altre, una prima indicazione ci viene data da Keating che descrive l’ordine delle cerimonie in rapporto alla data del calendario e della fondazione mitica della provincia centrale di Meath fatta dal re Tuathal Techtmar.
Ci sono quattro luoghi distinti e quattro cerimonie, ma la festa di Tara è menzionata a parte e non vi sono che tre feste, Samain, Belteine e Lugnasad:
“…Quando Tuathal ebbe riunito queste quattro zone, ne fece un solo territorio chiamato Midhe, vi costruì quattro grandi fortezze reali, una fortezza in ogni zona. Costruì quindi Tlachtgha nel Muster, ed è là che il fuoco di Tlachtgha venne istituito; è là che avevano l’abitudine di riunirsi e di discutere i druidi d’Irlanda durante la notte di Samain per fare sacrifici a tutti gli dei. Era su questo fuoco che bruciavano le loro vittime ed era obbligatorio, pena un’ammenda, in quella notte spegnere tutti i fuochi d’Irlanda; e per ogni fuoco che veniva riacceso in Irlanda, il re del Munster riceveva uno scrupolo o tre pence, in quanto il paese nel quale si trovava Tlachtgha appartiene alla parte del Munster donata a Meath. Costruì la seconda fortezza nella parte che acquisì della provincia del Connaught, chiamata Uisneach, dove si teneva un’assemblea generale degli Uomini d’Irlanda, che veniva chiamata la Grande Assemblea di Uisneach, e questa riunione si teneva a Belteine. Si scambiavano i loro beni, le merci e gli oggetti. Offrivano dei sacrifici al dio supremo che adoravano e che chiamavano Bel. C’era l’usanza di accendere due fuochi in onore di Bel in ogni angolo di Irlanda e di far passare un malato di ogni cantone tra i due fuochi per preservarlo da qualsiasi malattia durante l’anno; è grazie a questi fuochi accesi in onore di Bel che la festa è stata chiamata Belteine ,che aveva luogo nei giorni dei due apostoli Filippo e Giacomo: Belteine vale a dire fuoco di Bel.Il cavallo e l’equipaggiamento di ogni capo che veniva alla grande riunione di Uisneach doveva essere donato come imposta al re del Connaught, perché era nella parte della provincia del Connaught che si teneva questa riunione. La terza fortezza che costruì Tuathal, dal nome di Tailtiu, è nella parte della provincia dell’Ulster acquisita dal Midhe; è la che si teneva la fiera di Tailtiu durante la quale gli uomini d’Irlanda formavano tra loro alleanze, matrimoni o amicizie; un’usanza di questa festa era che gli uomini si mettevano da un lato e le donne dall’altro mentre i padri e le madri stabilivano i contratti. Ogni coppia che aveva trattato era sposata.…
In questa circostanza Lughaidh Lamhfhada fondò la prima assemblea di Tailtiu per commemorare ogni anno la sua nutrice Tailtiu, figlia di Maghmor, re di Spagna, che era la moglie di Earc, ultimo re dei Fir Bolg. Quando Tailtiu venne inumata da Lughaidh in questa collina, fece l’assemblea di Tailtiu come nasadh (riunione) in sua memoria. Questa è la ragione per la quale venne dato il nome Lughnasadh, cioè nasadh o commemorazione, il primo giorno d’agosto che oggi è la festa della cattura di Pietro. Benché la montagna e l’assemblea di Tailtiu esistessero già ai tempi di Lughaidh Lamhfhada, Tailtiu non fu fortezza reale fino al tempo di Tuathal Techtmar. Dato che Tailtiu apparteneva alla provincia dell’Ulster, al re dell’Ulster andava l’imposta dell’assemblea di Tailtiu. L’ammontare era di un’oncia d’argento per ogni coppia che vi andava. La quarta fortezza reale è situata nella parte del Leinster data al Midhe. Era qui che si faceva il festino di Tara, ogni tre anni, dopo che erano stati offerti i sacrifici a tutti gli dei di Tlachtgha (come già detto), nell’assemblea reale chiamata il festino di Tara si decidevano le leggi e le usanze, si approvavano gli annali e i fatti antichi d’Irlanda, tutto ciò che veniva approvato veniva registrato dai sommi capi nella lista dei re che lo chiamavano Salmista di Tara; e tutte le usanze o tutti gli annali che non erano conformi a questo grande libro non erano considerati autentici.”3

Commentiamo il testo.
Il suo primo obiettivo forse è quello di dare un resoconto abbastanza chiaro sulla rotazione geografica della festa senza il vincolo della sua periodicità: Lugnasad a Tailtiu (nell’Ulster), Belteine a Uisnech (nel Connaught), Samain a Tlachtgha (nel Munster), il festino di Tara nel Leister. Tutti questi posti appartengono evidentemente alla provincia centrale di Meath (Midhe) secondo il metodo descritto da Keating. Senza le feste in effetti, gli dei ci sfuggono. È nel quadro della festa che essi vivono e si organizzano. Cosa sarebbe il cristianesimo senza una buona esegesi teologica, accompagnata da rituali precisi, di Natale e di Pasqua? Non bisogna perdere di vista che l’essenziale delle nostre conoscenze consiste in miti e non in rituali celebrati in modo concreto. Sappiamo ad esempio che durante le feste di Samain e di Belteine venivano celebrati dei sacrifici ma la loro natura esatta resta alquanto imprecisa. Portiamo solo un esempio concreto per spiegare chiaramente quello che abbiamo constatato. Pensiamo ad un articolo di D.A. Binchy, irrefutabile in quanto fatti ma che noi rifiutiamo in quanto viene trattato il mito con un metodo storico inadeguato4 e che giunge alle seguenti conclusioni, le quali non tengono conto dell’aspetto più superficiale della realtà: …Nella realtà storica la fiera di Tailtiu ha avuto delle difficoltà a continuare al di là del IX° o del X° secolo, con numerose interruzioni dovute alle rivalità locali. Non è più la stessa fiera di una volta, quando era una “assemblea nazionale” presieduta dal re supremo come l’ha definita Mac Neill ma una semplice fiera locale, con frequenti incidenti e anche molto gravi…. Certo, la storia d’Irlanda, così come Keating l’ha scritta in pieno XVII° sec. è più simile ai metodi di Grégoire de Tours che quelli di Michelet. Ma noi sappiamo con sufficiente precisione che ciò che Keating scrive non è storia: la definizione esatta viene dal titolo della sua opera, Foras Feasa na hEireann, le “Basi della Conoscenza dell’Irlanda”, altrimenti detta il suo corpo mitico e leggendario. Ha fatto semplicemente come hanno fatto tutti i Filid dall’Alto Medioevo. Ha quindi cooperato a trasmettere fino a noi dei miti insulari e questo, a nostro avviso, non può più essere una ragione valida per fare dell’ironia. Quanto tempo prezioso si perderà se bisognerà provare o rinnegare l’esistenza concreta di un Cuchulainn, di un Siegfried, di Zeus o di Achille, se non di re Artù? …Il “trionfo della leggenda sulla storia” non è la chiave dell’atmosfera celtica?
1 Vedi La société celtique, ed. Ouest-France, Rennes, 1991, pp.11-34
2 Textes mythologiques irlandais, I, p. 58 par.155. La scoperta di questo interessante passaggio, in rapporto alle feste, è dovuta a Maire Mac Neill, The Festival of Lughnasa, Dublino, 1962, p.5
3 Foras Feasa ar Eirinn “Base della conoscenza d’Irlanda” opera conosciuta come “Storia d’Irlanda”, ed. Dinneen, Irish Texts Society VIII, Londra, 1908, pp.246-250
4 The Fair of Tailtiu and the Feast of Tara, in Eriu 18 pp.133-138. Questo articolo riassiume le tendenze alla storicizzazione della scuola irlandese di cui Thomas O’Rahilly ha scritto la Bibbia seguendo il suo Early History and Mythology, pubblicato nel 1946.